La guerra di Piero, storia e significato

La guerra di Piero è una canzone scritta da Fabrizio De André e arrangiata da Vittorio Centanaro. Fu registrata in studio da Vittorio Centanaro (chitarra), Fabrizio De André (chitarra) e Werther Pierazzuoli (basso). La canzone venne pubblicata nel primo album del cantautore genovese, Tutto Fabrizio De André, nel 1966. La canzone è composta da 14 strofe, composte da quartine di versi con rime baciate a volte incrociate; la prima e l’ultima strofa sono uguali fra loro.
La Guerra di Piero è ispirata dai racconti che lo zio materno di De André, sopravvissuto del campo di concentramento durante la Seconda guerra mondiale, gli fece riguardo alla sua esperienza militare durante la campagna in Albania. La canzone tuttavia non si riferisce a nessuna guerra in particolare, ma alla guerra in generale.
Io della guerra ne ho parlato molto, ne ho parlato soprattutto ne La guerra di Piero, attraverso i racconti che me ne faceva mio zio, il fratello di mia mamma, che si fece tutta la campagna di Albania.
Fabrizio De André – La storia siamo noi: In direzione ostinata e contraria, Rai Educational, 2006.
Nel testo de La Guerra di Piero, sono numerosi le contaminazioni provenienti da altre poesie. Fra tutte emerge Le dormeur du val (L’addormentato nella valle), la poesia più nota e più spesso interpretata di Arthur Rimbaud (Cahier de Douai, 1870), fra gli altri musicata e cantata da Léo Ferré nel 1955. La seconda strofa richiama inequivocabilmente la canzone Dove vola l’avvoltoio, scritta nel 1958 da Italo Calvino e musicata da Sergio Liberovici.
La canzone ebbe un’ottima accoglienza e diventò, negli anni immediatamente seguenti alla sua pubblicazione, una delle canzoni simbolo dell’antimilitarismo e regolarmente inserita, a pieno titolo, in molte antologie scolastiche, specialmente delle scuole elementari.
La guerra di Piero, testo
Dormi sepolto in un campo di grano Non è la rosa, non è il tulipano Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi Ma son mille papaveri rossi Lungo le sponde del mio torrente Voglio che scendano i lucci argentati Non più i cadaveri dei soldati Portati in braccio dalla corrente Così dicevi ed era d’inverno E come gli altri verso l’inferno Te ne vai triste come chi deve Il vento ti sputa in faccia la neve Fermati Piero, fermati adesso Lascia che il vento ti passi un po’ addosso Dei morti in battaglia ti porti la voce Chi diede la vita ebbe in cambio una croce Ma tu no lo udisti e il tempo passava Con le stagioni a passo di giava Ed arrivasti a passar la frontiera In un bel giorno di primavera E mentre marciavi con l’anima in spalle Vedesti un uomo in fondo alla valle Che aveva il tuo stesso identico umore Ma la divisa di un altro colore Sparagli Piero, sparagli ora E dopo un colpo sparagli ancora Fino a che tu non lo vedrai esangue Cadere in terra a coprire il suo sangue E se gli sparo in fronte o nel cuore Soltanto il tempo avrà per morire Ma il tempo a me resterà per vedere Vedere gli occhi di un uomo che muore E mentre gli usi questa premura Quello si volta, ti vede e ha paura Ed imbracciata l’artiglieria Non ti ricambia la cortesia Cadesti in terra senza un lamento E ti accorgesti in un solo momento Che il tempo non ti sarebbe bastato A chiedere perdono per ogni peccato Cadesti a terra senza un lamento E ti accorgesti in un solo momento Che la tua vita finiva quel giorno E non ci sarebbe stato un ritorno Ninetta mia, a crepare di maggio Ci vuole tanto, troppo coraggio Ninetta bella, dritto all’inferno Avrei preferito andarci in inverno E mentre il grano ti stava a sentire Dentro alle mani stringevi il fucile Dentro alla bocca stringevi parole Troppo gelate per sciogliersi al sole Dormi sepolto in un campo di grano Non è la rosa, non è il tulipano Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi Ma sono mille papaveri rossi