La domenica delle salme, storia e significato

La domenica delle salme di Fabrizio De André è una canzone pubblicata nel 1990 nel disco Le nuvole. Con i suoi sette minuti e mezzo porta l’ascoltatore in una sorta di viaggio a metà tra un ipotetico avvenire (o non avvenire) di fatti ed eventi e un’effettiva narrazione di fatti reali.
La canzone si snoda tra simbolismo e immaginario raccontando una realtà socio politica ben definita e senza aver vergogna di mostrare delusione verso la società e critiche verso la classe politica.
Significato
Il significato de La domenica delle salme è profondamente radicato nel voler mostrare la fine dell’epoca comunista in particolar modo prendendo come riferimento l’evento dalla crollo del muro di Berlino.
Il testo partendo da questo riferimento mette in luce una serie di fatti di cronaca per evidenziare la decadenza della società dell’epoca. Una serie di riferimenti portano infatti alla ricostruire eventi legati alle Brigate Rosse.
Il brano prosegue poi con una serie di riferimenti alla politica italiana, ai suoi cambiamenti e ai suoi protagonisti. Fabrizio De André durante alcune interviste riporta il desiderio di voler esprimere con La domenica delle salme, un profondo disprezzo nei confronti della democrazia sempre meno democratica e sempre più tendente a un’oligarchia.
Attraverso immagini simboliche, dove i riferimenti non sono mai specifici ma riescono ad essere chiari, Fabrizio De Andrè da alla Domenica delle salme un potente significato sociale. La dedica a tutti coloro che credevano di poter vivere in una democrazia e si sono trovati invece a vedere crollare il loro ideale.
La nascita di questo brano la racconta Mauro Pagani, compositore della parte musicale della canzone e grande amico di Fabrizio De Andrè. Nel suo ricordo è evidente quanto Fabrizio avesse cara questa tematica e che ci stesse lavorando da tanto tempo. Alla fine delle registrazioni del disco Le Nuvole, Fabrizio era convinto che mancasse qualcosa. Durante alcune giornate passate nella tenuta gallurese a bere vino, il cantautore prese uno dei suoi quaderni di appunti su riflessioni sui fatti di attualità. In tre giorni scrisse il brano mettendo nero su bianco. Con estrema lucidità scrissero un testo nel quale la narrazione e l’immaginazione divennero uno strumento per raccontare un fatto reale senza modificarlo. Pagani dichiarò:
Quando il disco fu terminato Fabrizio se lo portò a casa e dopo qualche giorno mi telefonò. «Manca qualcosa, è tutto bello ma un po’ troppo leggero, manca quello che pensiamo davvero di tutto questo, manca quello che purtroppo ci è accaduto». Così qualche giorno dopo partimmo per la Sardegna, e dopo aver fatto il pieno di bottiglioni di Cannonau ci nascondemmo all’Agnata, la sua tenuta in Gallura. Faber tirò fuori uno dei suoi famosi quaderni, e le cento righe di appunti quasi casuali, raccolti in anni di letture di libri e quotidiani, in tre giorni diventarono la descrizione lucida e appassionata del silenzioso, doloroso e patetico colpo di Stato avvenuto intorno a noi senza che ci accorgessimo di nulla, della vittoria silenziosa e definitiva della stupidità e della mancanza di morale sopra ogni altra cosa. Della sconfitta della ragione e della speranza.
Mauro Pagani nel 2006
Credo che nel testo de La domenica delle salme ci sia tutta la grandezza di Fabrizio narratore. Ci sono tutti gli elementi per capire, ma tutto è raccontato, non ci sono sintesi o giudizi, che, come lui diceva spesso, nelle canzonette sono peccati mortali. La visione del tutto scaturisce dalla somma di tante piccole storie personali, nessuno grida in quella ridicola tragedia. Nessuno punta il dito, tutto si spiega da sé.
E nell’elenco dei patetici fallimenti, come tutti i grandi, Faber non dimentica il proprio e quello dei suoi colleghi canterini, giullari proni e consenzienti di una corte di despoti arroganti e senza qualità.
Nel testo del brano De André cita il suo «illustre cugino de Andrade» in riferimento al poeta brasiliano Oswald de Andrade.
«Tra i molti poeti sudamericani che conosco, Oswald de Andrade è uno dei miei preferiti, probabilmente per quel suo atteggiamento comportamentale oltre che poetico totalmente libertario, per quel suo anticonformismo formale che lo fa essere qualcosa di più e di meno e comunque di diverso da un poeta in senso classico. E poi è dotato di un umorismo caustico difficilmente riscontrabile in altri poeti dei primi del Novecento.»
Fabrizio De André nel 1990
La canzone, per via della sua melodia e della sua struttura, non è sicuramente nota dal punto di vista radiofonico. Non passò invece inosservata nell’ambito culturale dell’epoca in cui uscì. Il regista Gabriele Salvatores propose a De André e Mauro Pagani di girare un videoclip, e fu il primo nel quale Fabrizio accettò di apparire.
La domenica delle salme, testo
Tentò la fuga in tram verso le sei del mattino dalla bottiglia di orzata dove galleggia Milano non fu difficile seguirlo il poeta della Baggina la sua anima accesa mandava luce di lampadina gli incendiarono il letto sulla strada di Trento riuscì a salvarsi dalla sua barba un pettirosso da combattimento I Polacchi non morirono subito e inginocchiati agli ultimi semafori rifacevano il trucco alle troie di regime lanciate verso il mare i trafficanti di saponette mettevano pancia verso est chi si convertiva nel novanta ne era dispensato nel novantuno la scimmia del quarto Reich ballava la polka sopra il muro e mentre si arrampicava le abbiamo visto tutto il culo la piramide di Cheope volle essere ricostruita in quel giorno di festa masso per masso schiavo per schiavo comunista per comunista La domenica delle salme non si udirono fucilate il gas esilarante presidiava le strade la domenica delle salme si portò via tutti i pensieri e le regine del ''tua culpa'' affollarono i parrucchieri Nell'assolata galera patria il secondo secondino disse a ''Baffi di Sego'' che era il primo si può fare domani sul far del mattino e furono inviati messi fanti cavalli cani ed un somaro ad annunciare l'amputazione della gamba di Renato Curcio il carbonaro il ministro dei temporali in un tripudio di tromboni auspicava democrazia con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni voglio vivere in una città dove all'ora dell'aperitivo non ci siano spargimenti di sangue o di detersivo a tarda sera io e il mio illustre cugino De Andrade eravamo gli ultimi cittadini liberi di questa famosa città civile perché avevamo un cannone nel cortile La domenica delle salme nessuno si fece male tutti a seguire il feretro del defunto ideale la domenica delle salme si sentiva cantare quant'è bella giovinezza non vogliamo più invecchiare Gli ultimi viandanti si ritirarono nelle catacombe accesero la televisione e ci guardarono cantare per una mezz'oretta poi ci mandarono a cagare voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio coi pianoforti a tracolla travestiti da Pinocchio voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti per l'Amazzonia e per la pecunia nei palastilisti e dai padri Maristi voi avete voci potenti lingue allenate a battere il tamburo voi avevate voci potenti adatte per il vaffanculo La domenica delle salme gli addetti alla nostalgia accompagnarono tra i flauti il cadavere di Utopia la domenica delle salme fu una domenica come tante il giorno dopo c'erano i segni di una pace terrificante mentre il cuore d'Italia da Palermo ad Aosta si gonfiava in un coro di vibrante protesta